Piacere, Marchio è un servizio nato grazie proprio alla chimica tra me e la graphic designer Roberta Tafuri: in questi casi io mi occupo di nome e – se richiesto – payoff, mentre lei del logo.
Un giorno del 2022 siamo state ingaggiate entrambe per occuparci di un nuovo brand nascente in terra emiliana, dove non esistono solo alcuni tra gli insaccati più famosi del mondo.
In provincia di Modena, precisamente a Sassuolo, esiste una fiorente produzione di piastrelle. Viola, Michela e Cristiano hanno trovato lì la scintilla che ha dato vita alla loro relazione di lavoro e la materia prima per i prodotti di design che avevano in mente di offrire.
Sono arrivati da noi con valori chiari, prototipi e visione del futuro; noi non potevamo fare altro che accendere subito i neuroni.
Michela, Viola e Cristiano avevano già iniziato a produrre complementi d'arredo di design a partire da piastrelle di seconda mano e quindi più difficili da vendere per l'impiego primario per cui sono state realizzate: i pavimenti.
In realtà, come molti altri prodotti, le piastrelle di seconda mano hanno difetti quasi impercettibili e perciò si possono impiegare sia per rivestire superfici calpestabili che per costruire ad esempio vasi, taglieri, tavolini e tutto ciò che può venire in mente a un Architetto come Viola, a capo del progetto.
L'intenzione dei nostri, quindi, è stata da subito quella di utilizzare la creatività e il design d'interni per recuperare piastrelle invendute e ottenere prodotti personalizzati e componibili a seconda delle preferenze di chi li compra. Erano tutti d'accordo che questo si sarebbe ottenuto attraverso una produzione e un packaging sostenibile e un'esperienza utente giocosa e coinvolgente.
In più, i prodotti si rivolgono a un pubblico giovane, cool e moderno e sono eleganti, con un prezzo medio-alto.
Sono partita da una conoscenza che mi porto dietro dalla mia vita precedente: si potrebbe pensare che le piastrelle rientrino nel settore industriale edilizio, invece si tratta di quello chimico. La chimica è inoltre un elemento importante della collaborazione di questo fantastico trio emiliano – dopotutto nessuno di noi decide di fondare un business con partner con cui detestiamo lavorare –, era sotto i miei occhi: anche attraverso uno schermo si percepiva che si dividevano i compiti in modo sereno e rilassato.
Ho mixato questo dettaglio con l'architettura, e ho ricordato che archè (in greco ἀρχή) significa principio, origine, come il nuovo inizio dei materiali alla base del progetto.
Così per loro è nata una nuova materia, anzi: una scienza.
Si chiama archemia e tratta la capacità di trasformare il piombo in oro, come l'alchimia.
In archemia il piombo sono gli stock di piastrelle di seconda scelta – belle ma in serie, di certo non personalizzate, e scartate dal primo posto del podio – che vengono recuperate e trasformate in oggetti di design utili, preziosi e personalizzati.
Archemica è l'azienda che le trasforma. È giocosa, sperimenta, spesso innova ed è anche misteriosa, e questo la rende attraente e speciale.
Il nome esprime il beneficio, dice ai clienti finali che avranno un prodotto di design di valore, creato apposta per loro e trasformato (nella fase di trasformazione si inserisce la sostenibilità), contiene l'architettura e la chimica, un nuovo inizio, il settore delle piastrelle e quella delle relazioni migliori.
Sono passati molti mesi e all'epoca marchio e dominio erano liberi e non registrati, così per Viola, Michela e Cristiano è stato un colpo di fulmine.
Archemica evoca uno scenario un po' esoterico, quasi magico, che meritava di essere rafforzato – senza scadere nella banalità e nell'eccesso – per sostenere l'identità del brand e la sua attività.
"Cosa fa Archemica?" mi sono chiesta.
Trasforma, arreda e viceversa.
Detta così pare che mi sia fatta una domanda e abbia risposto subito, quando la verità è che ci ho messo un mese a trovare queste parole.
È vera – e voluta – la necessità di soffermarsi un attimo su questo payoff, che funziona perché:
- quel viceversa stimola il pensiero laterale e la creatività,
- fa nascere ulteriore curiosità verso il brand,
- è giocoso, quasi un indovinello,
- descrive l'attività di Archemica senza annoiare.
Avevo fatto il mio lavoro ed eravamo soddisfatti del risultato, così ho passato il microfono a Roberta per la progettazione del logo.